Crisi vertiginose, acufeni e sordità fluttuante perlopiù monolaterale accompagnate di frequente da nausea.
Questa è il quadro dei sintomi caratteristici della malattia di Menière.
Un disturbo, ancora molto poco conosciuto, di origine incerta per il quale è importante fare ricerca e che le persone, che ne sono affette, abbiano a disposizione informazioni corrette.
Una schiera di ‘malati invisibili’, quelli affetti da Menière, spesso discriminati e additati dalla società come depressi e che invece sanno e vivono con l’angoscia che tra un momento o l’altro arrivi una crisi o che a breve il loro udito cesserà di funzionare.
Sono coscienti che un giorno, non noto, il loro mondo sarà fatto solo di silenzio.
Giovanna Gianolli è un’attrice e una paziente che convive con la Malattia di Ménière da 10 anni ma senza farsi sopraffare tanto che ha deciso di raccontare la sua esperienza nel film ‘E poi arriva Menny’.
Qual è l’obiettivo di questa pellicola diretta dal regista Andrea Traina?
“Ho voluto tradurre la storia della mia malattia, un calvario durato 8 anni prima di arrivare alla diagnosi, per diffondere, attraverso le immagini, la conoscenza della Sindrome di Menière ed essere accanto a chi come me è alle prese con ‘Menny’. Arrivare a diagnosticare la sindrome di Menière non è semplice quindi ci si arriva dopo visite ed accertamenti quasi per esclusione di altre patologie. Il paziente prima di arrivare alla sordità è colpito da crisi vertiginose acute, perdita dell’equilibrio, nausea e impossibilità a svolgere le normali attività”.
“Oltre alla malattia in se e per sé- continua- l’altro problema importante di cui voglio si parli, anche attraverso questo lavoro, è l’isolamento che provano i pazienti considerati dei ‘malati invisibili’ perché esteriormente non hanno dei segni riconoscibili di malattia come accade per altre patologie. Perciò è frequente non essere compresi da specialisti, amici, familiari e colleghi. Ci viene affibbiata l’etichetta del ‘depresso’, ‘particolare’, ‘stressato’ ed invece la persona con Menière, proprio a causa della malattia, diventa depresso e stressato. E’ uno stadio successivo e non tipico di quella persona. La mia battaglia è accendere una luce sulla malattia di cui non esiste una cura e sappiamo bene che i sintomi invalidanti comportano la sordità completa monolaterale spesso o più raramente bilaterale. Si dovrebbe fare più ricerca e creare un registro per la patologia perché spesso si dice che siamo pochi ad essere affetti da Menière ma cercando di fare una stima personale tanto pochi non siamo”.
Allora è una malattia che non interessa?
“Finché veniamo considerati numericamente poco rilevanti credo che la ricerca sia sempre troppo poca. Le stime sono vecchie e parlano di una incidenza della malattia pari a 1 soggetto su mille. I conti non tornano conosco moltissime persone, che sono anche legate al mondo dell’ Associazione AMMI dei malati di Menière in Italia o dei gruppi di sostegno su facebook gestiti da malati, le quali svolgono un lavoro incredibile per essere accanto ai malati, che hanno la sindrome. Anche all’interno del gruppo otologico dell’ospedale di Piacenza, dove abbiamo girato alcune scene del film c’erano molti pazienti. Non siamo così pochi ripeto ma non esiste in Italia un registro dei malati di Menière.
Bisogna fare di più mi riferisco non solo al mondo scientifico ma anche alle Istituzioni per queste persone destinate a diventare sorde.
Alla fine il messaggio veicolato dal film è proprio questo non smettere di lottare per vivere al meglio convivendo con la malattia”.
“Nel film la protagonista compie una vera e propria lotta con la paura che le provoca la malattia di Menière- prosegue Giovanna Gianolli- Ed è proprio quello che faccio io nella mia vita di tutti i giorni. Il messaggio dunque è positivo e cioè secondo me bisogna lottare e reagire contro la paura che non ti permette di vedere un futuro. Io non mi arrendo, scelgo me stessa e voglio comunque condurre una vita per quanto possibile normale.
La patologia è a crisi, a volte si sta meglio ed è proprio in questa fase che produco di più come artista e ho sfruttato il momento per ideare la sceneggiatura di questo film grazie al supporto incredibile del regista e amico dall’’anima pazzesca’ che è Andrea Traina”.
L’intervista è presente sulla rivista Dire, al sito www.dire.it