apparecchi mini

Apparecchi mini belli sì ma non adatti a tutti

La tecnologia attuale ha permesso la realizzazione di apparecchi acustici mini, invisibili, smussando timidezze e ritrosie e qualche pregiudizio di troppo sulla sordità.

Molto richieste, le protesi endoauricolari spariscono all’interno dell’orecchio “nascondendo” una condizione che viviamo con una spiccata fragilità.

Tuttavia questa tipologia di protesi non si adatta a tutti i casi di sordità.

Basti pensare alle sordità percettive dovute all’età, a eventi traumatici o su base circolatoria.

Parliamo di tipi di sordità che non permettono alle persone che ne soffrono di percepire le frequenze acute, in questo caso le protesi endoauricolari non sono le più appropriate perché rischiano di far prevalere sull’ascolto naturale l’inevitabile effetto tappo.

Non c’è molto da discutere, e sarà ovviamente il professionista a valutare ogni singolo caso in tutte le sue variabili (udito residuo, dimensioni e caratteristiche del condotto uditivo, possibilità di ventilazione degli inserti).

Gli esperti dell’udito sono chiari: è necessario sviluppare una nuova cultura dell’udito e del sentire.

Che significa?

In primo luogo non vergognarsi di un apparecchio retro auricolare.

Si tratta di un retaggio culturale.

Occorre in altre parole cambiare paradigma.

Cambiare rotta nella cultura del sentire.

La sordità ha un costo sociale.

Se chi non sente si isola, la sua minore autonomia implica la necessità che la comunità di riferimento e lo Stato intervengano per proteggerlo.

Anche per questo, chi consiglia le protesi dovrebbe essere consapevole della dimensione pubblica del suo lavoro.

Non si tratta di vendere apparecchi, ma di accompagnare la persona in un percorso che diventi finalmente virtuoso.

L’audioprotesista non può essere solo un commerciante.

Il suo lavoro ha un impatto importante sulla salute della singola persona e sul suo mondo. Non bisogna mai dimenticarlo”.

 

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