Bambini con deficit uditivi permanenti

Bambini con deficit uditivi permanenti

In Occidente fino a tre bambini su mille nascono con deficit uditivi permanenti.

Una percentuale che sale anche di dieci volte, se si prendono in considerazione i piccoli ricoverati nelle terapie intensive neonatali o con altri fattori di rischio come, il basso peso alla nascita, una storia familiare di sordità o che hanno contratto infezioni intrauterine.

È molto importante seguire almeno fino ai dieci anni tutti i bambini che contraggono le infezioni in utero.

All’ ipoacusia neurosensoriale, dovuta a danni alla coclea o, si affianca più di rado, l’ipoacusia trasmissiva.

In questi casi, la coclea è perfettamente funzionante, ma qualcosa impedisce al suono di raggiungerla.

L’ipoacusia permanente in un neonato, se non individuata e trattata può compromettere in maniera significativa l’apprendimento del linguaggio e lo sviluppo del bambino.

La deprivazione sensoriale nei periodi di massima plasticità può inoltre avere conseguenze sul suo sviluppo cognitivo.

Prima si identifica il deficit uditivo e si agisce adeguatamente, maggiori sono le possibilità di recupero per il bambino.

Queste evidenze hanno favorito lo sviluppo di programmi di screening uditivo neonatale e di sorveglianza audiologica nei primi anni di vita.

Identificare e diagnosticare i deficit uditivi congeniti entro i primi tre mesi di vita rappresentano l’obiettivo primario.

In Italia lo screening neonatale è attivo dal 2013, i protocolli però non sono uguali in tutte le regioni.

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