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Impianti cocleari: studi recenti

Sulla rivista Le Scienze è apparso un articolo che mostrava i risultati di una ricerca sulle cavie, per cui alcuni ricercatori hanno scoperto che stimolare i neuroni legati alla prontezza aiuta ratti con impianto cocleare a imparare a riconoscere rapidamente le melodie.

“I risultati indicano che l’attività in una regione del cervello chiamata locus coeruleus (LC) migliora la percezione dell’udito nei roditori sordi.

Gli autori della scoperta affermano che questi indizi sono importanti per capire in che modo il cervello elabora i suoni, ma avvertono che l’approccio è ben lontano da un’applicazione pratica sugli esseri umani”.
“È come se avessimo dato loro una tazza di caffè”, afferma Robert Froemke, otorinolaringoiatra della New York University School of Medicine e coautore dello studio pubblicato su “Nature”.
Gli impianti cocleari usano elettrodi impiantati nella regione dell’orecchio interno chiamata coclea, che è danneggiata nelle persone che hanno una perdita uditiva grave o totale. Il dispositivo converte i suoni acustici in segnali elettrici che stimolano il nervo acustico e il cervello impara a elaborare questi segnali per dare un senso al mondo uditivo.
“È una sorta di scatola nera”, afferma Daniel Polley, otorinolaringoiatra alla Harvard Medical School di Boston, nel Massachusetts. La maggior parte delle ricerche precedenti si è concentrata sul miglioramento del dispositivo cocleare e della procedura di impianto. Secondo Polley, i tentativi di migliorare la capacità del cervello di utilizzare il dispositivo aprono la strada a una migliore comunicazione tra l’orecchio e il cervello.
“Per esplorare questa relazione, il gruppo di ricerca ha addestrato 16 ratti a rispondere a diverse melodie. Quando sentivano una melodia specifica, gli animali potevano infilare il naso in una scatola per ricevere una ricompensa in cibo. Quando sentivano altre melodie, il boccone prelibato non veniva fornito e i ratti hanno imparato a non mettere il naso nella scatola.
I ricercatori hanno poi reso sordi i ratti con un intervento chirurgico e hanno inserito nelle orecchie degli animali un impianto cocleare con otto elettrodi, ognuno dei quali codificava una melodia. Gli autori hanno ripetuto il compito: questa volta, quando l’elettrodo veniva stimolato, l’animale sentiva la melodia abbinata a una ricompensa alimentare”.
Gli autori hanno riferito che tutti i ratti hanno imparato a distinguere le melodie associate a una ricompensa dopo 15 giorni. I ricercatori hanno notato anche che l’attività dei neuroni nel locus coeruleus aumentava quando gli animali rispondevano correttamente alle melodie e diminuiva quando commettevano errori e si muovevano in modo casuale.
Anche se il locus coeruleus non fa parte del sistema uditivo, fornisce a quest’ultimo il neurotrasmettitore noradrenalina, che aumenta la prontezza; il locus coeruleus ha anche un ruolo nella cognizione, nell’apprendimento, nella memoria e nell’attenzione. Quando il locus coeruleus rilascia noradrenalina in tutto il sistema uditivo e nei circuiti cerebrali di apprendimento e attenzione, accelera l’apprendimento e l’elaborazione dei segnali uditivi.
In un altro test, gli autori hanno suddiviso in due gruppi alcuni ratti, stimolando il locus coeruleus in uno di essi. Gli animali non stimolati hanno impiegato fino a nove giorni per eseguire il compito, mentre quelli con un locus coeruleus stimolato lo hanno imparato in soli tre giorni. Froemke è rimasto sorpreso dall’efficacia del locus coeruleus nell’aiutare gli animali a utilizzare gli impianti cocleari. “Tutti gli animali che hanno ricevuto un impianto hanno imparato a farlo molto bene”.
I ricercatori avvertono che stimolare il locus coeruleus negli esseri umani potrebbe essere rischioso: questa regione invia segnali a molte regioni cerebrali e regola la reazione di attacco o fuga. Stimolare il locus coeruleus nelle persone “aumenterebbe la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca e indurrebbe altre risposte autonomiche”, afferma Graeme Clark, otorinolaringoiatra del Graeme Clark Institute dell’Università di Melbourne, in Australia, che ha sviluppato il primo impianto cocleare multicanale negli anni settanta. “Dovremmo effettuare una serie di esperimenti per dimostrare che vale la pena di farlo.”
Ma ci sono altri modi per coinvolgere i circuiti cerebrali e indurli a funzionare insieme al dispositivo, come l’introduzione di neurotrasmettitori a livello cocleare, un metodo molto più sicuro, spiega Clark. E in futuro, gli strumenti che impiegano tecnologie per migliorare la percezione dell’udito potrebbero collegarsi a un impianto cocleare, che le persone potrebbero usare per la riabilitazione, conclude Froemke.

Da “Le Scienze”

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