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Sordità congenita: l’importanza di intervenire in tempo

Per sordità congenita si intende la perdita della capacità uditiva neurosensoriale.

Il bambino, nella maggior parte dei casi già alla nascita, non sente da un orecchio o da entrambi a causa di una disfunzione dell’orecchio interno o del nervo uditivo (o di entrambi).

Questo tipo di problema colpisce un neonato ogni mille, una percentuale piuttosto importante di bambini, quindi.

La sordità congenita è una patologia che molte volte è già presente alla nascita, ed è precocemente individuabile grazie a un test di screening che si effettua sui neonati.

Questo test intercetta le otoemissioni acustiche, e ha lo scopo di verificare se i piccoli ci sentono o meno. Per farlo esiste uno strumento apposito che, tramite una sonda, registra i suoni emessi dalla coclea, cioè l’organo interno dell’orecchio.

Esistono molti tipi di trattamenti per la sordità congenita, sia essa grave o solo parziale. Nei casi in cui non sia completa, si possono applicare delle protesi acustiche, cioè degli amplificatori del suono che stimolano le cellule funzionanti della coclea.

Nel caso in cui l’ipoacusia sia invece totale, esistono impianti cocleari, dei dispositivi inseriti nell’orecchio interno che fungono da stimolatori per le fibre del nervo uditivo.

La sordità congenita è una patologia che colpisce circa un neonato su mille, e che può dipendere da fattori genetici oppure esterni, spesso non prevedibili.

L’ipoacusia può essere scoperta precocemente con dei semplici test somministrabili già nei primi giorni di vita, e la diagnosi precoce è il modo migliore per aumentare le possibilità di sentire per chi nasce con sordità

 

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