sordità

Sordità non è isolamento

Parlare di sordità non significa parlare di isolamento.

Le nuove generazioni sono più propense ad affrontare in modo diverso la questione della sordità, così come dice alla stampa nazionale Sara Trovato, una delle maggiori studiose in questo campo, specie sulla lingua dei segni (è fra le autrici di Insegnare e imparare la LIS: attività e materiali per il docente, lo studente e l’autoapprendimento, Erickson): «Questa maggiore integrazione è osservabile più a livello di distribuzione nello spazio, che nel tempo. I gruppi segnanti più combattivi sono nel mondo anglosassone, mentre in Italia, per esempio, in ambito segnante c’è una generale accettazione dell’idea di bilinguismo bimodale: conoscere le due lingue è un indicatore di un maggiore desiderio di vivere in entrambi i mondi, quello dell’italiano e quello della lis ».

È una condizione in crescita, come è facile intuire, con l’aumento dell’aspettativa di vita e dell’età media. Ma dietro i dati ci sono le persone, tante o poche che siano, che in una società civile devono trovare risposte ai bisogni. Ci sono coloro che hanno un impianto cocleare, chi utilizza le protesi, chi la lingua dei segni, chi si riesce a esprimere con padronanza attraverso la voce e chi ha difficoltà nell’espressione orale.

 

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